Tre mesi all’ora X - capitolo 10


Il muro a pezzi

Sono un privilegiato. Ricevo continuamente inviti a feste, incontri musicali, concerti. Non solo qui in città ma per i più diversi appuntamenti musicali del paese. Si tratta di musica seria. Da Debussy a Satie, da Vollenweider a Jon Hassel. Inviti, locandine, biglietti gratuiti me li porta Lilli, sempre un po’ timida verso di me malgrado i suoi cinquant’anni compiuti. È stata operaia per molti anni con me in fabbrica, poi è diventata moglie di Vincenzo, mio compagno di lotte sindacali in gioventù, svagato ammiratore di gonnelle femminili fino a quando ha pensato bene di sposarsi con Lilli e dare così una svolta singolare alla sua vita e a quella della sua compagna. Una svolta singolare non solo perché questo matrimonio fra una timida contadina diventata operaia ed un sessantottino un po’ fuori di testa, nonché musicista autodidatta diventato con gli anni creativo pianista fra i più conosciuti in Italia, alla fine ha funzionato. Ma anche perché entrambi ne sono usciti trasformati positivamente: evento raro di matrimonio virtuoso.  Intanto prolifico: la prima figlia, Lara, è nata quasi subito, nel 1969, poi dopo quattro anni è arrivata Sara, un'altra femmina per la gioia di Vincenzo che però quasi per accontentare Lilli che aspettava un maschietto ci ha provato una terza volta tre anni dopo ma ha sbagliato il colpo. E così nel pieno del famoso anno 1977 è nata Dora, splendida bimbetta dai riccioli d’oro come la madre. La più tranquilla delle tre e inconsapevole, come la madre d’altronde, di aver concluso con il suo nome il diabolico scherzo di Vincenzo che componeva così la sigla LSD, lui che non fumava neanche una sigaretta al mentolo con il filtro e odiava droghe, alcol e fumo, ma era completamente matto, amava gli scherzi e sempre più diventava un bravissimo suonatore di pianoforte.

Vincenzo oggi sconfina dal classico alla new age fino al rock sinfonico senza fare una piega.  Personaggio strano ma creativo e ricco di battute e vezzi da vero uomo di spettacolo, appena un po’ maturato grazie alla presenza di ben tre figlie, Vincenzo con il tempo è diventato un vero artista di successo, ha lasciato la fabbrica, è divenuto compositore e particolarmente virtuoso al pianoforte e anche alle tastiere elettroniche che usa però con moderato impegno.  Dopo alcuni anni di concerti al pianoforte anche al seguito di spettacoli teatrali e qualche piccola colonna sonora da film, il vero salto di qualità è avvenuto nella metà degli anni ’80. Azzardò la creazione di un piccolo gruppo di teatranti e ballerini e quindi la nascita di una singolare compagnia promotrice di spettacoli composti da una parte di balletto e una parte di recitazione, con scenografie e proiezioni di sfondo accompagnate dalla colonna sonora di Vincenzo. 

Involontariamente ho forse contribuito al suo successo dieci anni fa, quando nel febbraio del 1989 un po’ per scherzo, un po’ seriamente, chiesi a Vincenzo di lasciare in pace per qualche giorno moglie e figlie e accompagnarmi nel mio viaggio vacanza in occasione del mio quarantunesimo compleanno a Berlino dove si svolgeva l’annuale festival del Cinema. Il festival è noto anche come la Berlinale, una rassegna di film e documentari da tutto il mondo fra i quali una prestigiosa giuria sceglieva i migliori ai quali si attribuiva in premio l’Orso d’oro e gli Orsi d’Argento. Era per me un evento allettante al quale da anni desideravo partecipare.
Sarà che l’idea di liberarsi del marito per qualche giorno fosse gradita, sarà che davvero desse credito alle battute del marito che esternavano l’idea di portare la sua fama di musicista anche in territorio germanico, sta di fatto che Lilli apprezzò da subito la mia proposta fino al punto di convincere Vincenzo ad accompagnarmi. E fu così che, accompagnati all’aeroporto da Lilli e dalla dodicenne Dora, già allieva virtuosa di violino da due anni, partimmo in aereo un sabato di metà febbraio, il giorno del mio compleanno. A Berlino un comune amico ci aveva garantito un albergo decente e procurati gli ingressi per gli ultimi tre giorni al festival. Vincenzo era anche riuscito a prendere contatto con qualcuno della Casa della Cultura di Berlino Ovest, la Kongressehalle, molto nota non solo per le attività culturali che la riempivano di eventi ma anche per la singolare forma architettonica dell’edificio originario con la forma di un’ostrica semiaperta. Qualcuno diceva che era un’ostrica incinta ma i più sarcastici dicevano che voleva invece rappresentare il sorriso dalla dentatura prominente del Presidente americano Jimmy Carter. 

L’edificio era stato costruito nel 1957 nel quartiere di Tiengarten al confine della zona Est, il settore sotto controllo sovietico.  Ed era stata un’iniziativa così fastidiosa per gli amministratori dell’altro fronte che dopo pochi anni avevano costruito una loro Kongressehalle accanto ad una Haus des Lehrers, cioè una “casa dell'insegnante”, un edificio a forma di torre, posto sulla centralissima Alexanderplatz, ancora in parte a pezzi per i bombardamenti subiti nella parte conclusiva della Seconda guerra mondiale. Le nuove costruzioni, visibili anche dalla zona Ovest, erano proprio all’angolo con la Karl-Marx-Allee la prima “strada socialista” di Berlino del famoso architetto Hermann Henselmann. Fu lui il capo degli architetti anche per queste nuove costruzioni che esprimevano anche sul piano architettonico la competizione in corso della cosiddetta guerra fredda. Non era noto a tutti in realtà che si trattava delle prime costruzioni dove si abbandonava il classicismo socialista degli edifici a favore delle nuove forme internazionali che utilizzavano superfici prefabbricate più leggere e funzionali per la manutenzione. Insomma, molto simili alle vetrate dei grattacieli americani. I miei racconti sulla Casa della Cultura, ma soprattutto la possibilità di andarci e suonare in pubblico in un qualche appuntamento non ancora ben definito, eccitavano tantissimo Vincenzo, molto più dei miei appuntamenti cinematografici.

Gli eventi principali del Festival Internazionale del Cinema si svolgevano nella zona di Stegliz dove il festival era nato nel 1951 nel cinema del Titania-Palast, ma con il passare degli anni le undici giornate della rassegna cinematografica si erano diffuse in vari punti della città. Il direttore del festival che da 20 anni è ancora oggi, a fine 1999, Moritz de Hadeln, molto noto per la sua precedente attività nel lancio internazionale del Festival del Cinema di Locarno, dal 1980 aveva progressivamente trasformato il Festival in un grande evento che coinvolgeva tutta la città, riempita di manifesti e stendardi che raffiguravano un piccolo Orso d’oro come logo dell’evento. Dal prossimo anno 2000 il cuore del Festival si svolgerà nel grande teatro di Potsdamer Plaze ma già dieci anni fa aveva ormai la fama di principale appuntamento mondiale del Cinema. Il nuovo Direttore lo aveva in qualche modo trasformato in un evento al disopra delle divisioni della guerra fredda unendo opere dell’Est e dell’Ovest e importando anche, forse per la prima volta, numerose opere del nuovo cinema cinese.
Il Festival, affollato e ricco di decine di film, non era stato per me nulla di entusiasmante. Il film vincitore, Rain Man, L’uomo della pioggia, con Tom Cruise e Dustin Hofman, lo avevo in realtà già visto essendo uscito a metà dell’anno precedente in Italia. Mi impressionò decisamente di più Mississipi Burning che in italiano aveva in aggiunta il non entusiasmante titolo Le radici dell’odio. È la storia di due agenti dell’FBI che negli anni ’60 vengono inviati in una cittadina del Mississipi per risolvere il caso della scomparsa di tre giovani attivisti per i diritti civili, due ebrei bianchi e un nero. Di loro si erano perse le tracce in una delle zone più conservatrici e razziste dell’America dove il Ku Klux Klan promuoveva azioni e provocazioni contro la comunità nera praticamente nella totale impunità e con la complicità delle autorità locali. Sceriffo e vicesceriffo del paese erano direttamente compromessi nella scomparsa dei tre attivisti. I loro cadaveri alla fine verranno trovati in una palude a seguito della confessione della moglie del vicesceriffo (Frances McDormand) che rifiuta le logiche di odio e violenza del marito e della comunità locale. È lei che svela tutto ad uno dei due agenti FBI (Gene Hackman) e per questo verrà poi massacrata di botte dal marito.  Il film ha avuto negli USA, prima e dopo il premio ottenuto al Festival, una montagna di critiche da diversi fronti, sia dai conservatori sia da parte di esponenti dei diritti civili. Ho rivisto in più occasioni il film che invece mi ha sempre convinto per la semplicità del messaggio che trasmette e per la efficace rappresentazione delle zone più conservatrici della società americana. Da notare che si trattava della storia vera di tre attivisti assassinati nel 1964 la cui azione principale si svolgeva nel convincere i cittadini neri ad iscriversi alle liste elettorali con le quali si otteneva la possibilità di votare alle elezioni. Anche Vincenzo condivideva le mie riflessioni sul film e non mancò di farmi notare che il regista, Alan Parker, lo conoscevamo già per numerosi film fra i quali mi parlò a lungo del noto film musicale The Wall costruito con la presenza prevalente delle musiche dei Pink Floyd. 

La nostra visita a Berlino fu piacevole ed interessante ma durò solo pochi giorni. Le sue conseguenze però furono decisamente singolari e ne mantengo il ricordo ancora oggi a dieci anni di distanza. Durante il nostro soggiorno Vincenzo riuscì a prendere contatto con i responsabili della Casa della Cultura e ad organizzare con loro due serate di spettacolo-concerto suo e del gruppo a lui legato nei primi giorni del novembre 1989. Per quanto il gruppo avesse già messo in scena qualche spettacolo all’estero, due serate alla Kongressehalle di Berlino erano un clamoroso evento la cui preparazione coinvolse per alcuni mesi tutto il gruppo in una sfrenata eccitazione collettiva nell’impegno a sviluppare e perfezionare il loro spettacolo. Del gruppo faceva parte come suonatrice di contrabasso, ma anche come coregista e scenografa Lara, la figlia ventenne di Lilli e Vincenzo. In aggiunta altri tre: una suonatrice di violino, un ballerino, una cantante e suonatrice di fiati. I cinque partirono per Berlino la prima domenica di novembre dopo aver avuto qualche rassicurazione sullo spettacolo perché da settimane Berlino ribolliva di manifestazioni e proteste che riguardavano prevalentemente la zona Est sotto controllo sovietico, ma non solo. Le proteste si svolgevano soprattutto a ridosso del muro di cui si chiedeva il superamento con il ritorno all’apertura libera degli accessi fra le due zone della città. In generale lo stato di agitazione era presente in vari paesi dell’Est europeo sotto l’egemonia sovietica che si stava rapidamente sgretolando. 

Il muro, lungo più di 150 km, era costituito da un sistema di fortificazioni avviate nel 1961 dal governo della Germania Est, cioè la Repubblica democratica tedesca, per impedire la libera circolazione delle persone tra Berlino Ovest, parte della Repubblica Federale Tedesca, e la zona del paese a Est. Era nei fatti il simbolo della cortina di ferro, la linea di confine europea tra la zona d'influenza statunitense e quella sovietica durante la guerra fredda. Nei primi dieci anni dalla fine della guerra almeno due milioni di persone, soprattutto di livello professionale qualificato avevano abbandonato la Germania dell’Est, specie dall’area di Berlino, rifugiandosi all’Ovest. Per ventotto anni il muro aveva diviso in due la città. In realtà in gran parte si trattava di due muri paralleli in cemento armato, presidiati con varie torri di osservazione dalle guardie di confine che non esitavano a sparare contro chiunque, sia uomini che donne o bambini, tentasse di attraversare verso Ovest la” striscia della morte” fra i due muri.  Si stima che almeno duecento siano stati i caduti nei tentativi più diversi di attraversarla. Nei primi giorni di novembre le manifestazioni che chiedevano l’apertura dei passaggi di confine fra le due zone diventarono sempre più intense e l’amministrazione comunista della città era sul punto di crollare. Proprio all’inizio di quella settimana il gruppo di Vincenzo e Lara arrivò all’albergo vicino alla Kongressehalle ed a ridosso anche del Checkpoint Charlie, il più importante posto di blocco situato tra il settore sovietico e quello statunitense sulla Friedrichstraße che collegava il quartiere sovietico di Mitte con quello occidentale di Kreuzberg. La zona era in subbuglio da giorni tant’è che lo spettacolo sembrava dovesse essere spostato al sabato 11 e domenica 12 novembre. Il giovedì 9 novembre 1989, dopo diverse settimane di disordini per le strade, il Governo della Germania Est annunciò verso le 18 che i transiti liberi verso Berlino Ovest dopo 28 anni sarebbero stati permessi. In pratica significava che i posti di blocco sarebbero stati aperti sebbene non fosse chiaro nel comunicato stampa da quando si attuava la novità. Subito dopo questo annuncio migliaia di cittadini dell'Est e dell’Ovest ed anche Vincenzo, Lara e compagni naturalmente, si diressero in massa verso i posti di blocco. Molti si arrampicarono direttamente sul muro e lo superarono, per raggiungere gli abitanti della Germania dall'altra parte partecipando tutti insieme alla grande festa che proseguì per tutta la notte. I bar del lato Ovest si misero a offrire birra gratis a tutti. Alcuni iniziarono a demolire piccoli pezzi del muro sotto gli occhi allibiti delle guardie di frontiera. La suonatrice di violino del gruppo di Vincenzo durante la festa notturna informò gli altri che girava voce che il famoso violoncellista russo-americano Mstislav Rostropovich, esiliato in Occidente da decenni dopo essere stato allontanato dall’Unione Sovietica, sarebbe sceso in strada e davanti ai manifestanti presso il muro avrebbe suonato alcuni brani fra i quali si dice una nota Gavotta in Mi Maggiore di Bach.  La notizia arrivava da alcuni frequentatori della Casa della Cultura provenienti dal quartiere di Kreutzberg. Il quartiere era molto frequentato da musicisti americani bianchi e di colore che facevano parte delle truppe alleate che avevano conquistato la capitale ponendo fine alla guerra e lì si erano fermati popolando quell’area della città diventata con gli anni il più popolato ritrovo multiculturale di giovani e artisti alternativi. La festa di strada continuò ininterrottamente anche il giorno dopo e la demolizione del muro in piccoli e poi sempre più grandi frammenti, coinvolse centinaia di persone. 

Fu così che il gruppo di Vincenzo prese una storica decisione con l’aiuto anche di alcuni dei frequentatori della Casa della Cultura. Se i berlinesi sono troppo impegnati a riprendersi la libertà di muoversi per venire allo spettacolo, portiamo noi lo spettacolo da loro. Era questa l’idea maturata anche con il suggerimento di un amico della suonatrice di violino, un musicista nero di Kreuzberg che faceva parte di un reparto americano del Genio all’epoca della conquista della città. Non si sa come procurò un furgone sul quale venne caricato un pianoforte e trovò un collegamento per l’elettricità da un bar vicino. Tutto era assolutamente precario e di fatto illegale ma entusiasmò tutto il gruppo che improvvisò così, al tramonto del secondo giorno, un riuscitissimo spettacolo in mezzo a centinaia di persone che ballavano, attraversavano su e giù a piedi e in bicicletta il posto di blocco Charlie, martellavano e scalpellavano pezzi di muro portandoseli a casa. Allo spettacolo si unì anche il berlinese nero che si dimostrò un ottimo sassofonista oltre che un grande esperto di cavi elettrici e microfoni.

Lara mi raccontò tutto ciò per giorni  al suo ritorno. Aggiunse che non aveva mai visto il padre così eccitato nel suonare il pianoforte sul cassone di un furgone improvvisando cose sconosciute e deliziose, probabilmente prese da Bach e modificate sul momento in accordo con il sassofono del nuovo amico, nella disperazione della suonatrice di violino ad unirsi ai due scatenati che improvvisavano mentre la cantante leggeva ad alta voce brani di un quotidiano in lingua tedesca dove si parlava del crollo del muro.  Lo spettacolo alla Kongressehalle venne annullato, cosa che non dispiacque per nulla ai nostri artisti che in realtà vagarono per la città strapiena di folla per parecchi giorni. Tutto venne ripreso meticolosamente dalla cantante che era anche addetta alle riprese con una piccola ma efficiente telecamera.
“Stiamo abbattendo il muro e te ne porteremo un pezzo” mi urlò al telefono una Lara più scatenata del solito e sul momento non capii esattamente che cosa intendesse.

È noto che nelle settimane successive molte parti del muro per chilometri furono demolite e portate via dalla folla e da cercatori di souvenir, altre furono abbattute con idonei equipaggiamenti industriali. Alcune parti vennero salvate e diventarono superfici enormi di lavoro per artisti di graffiti e pittori non solo berlinesi. Anche io ebbi la possibilità di avere il mio piccolo pezzetto di muro. Al ritorno dal viaggio me lo portò Lara componendo una specie di cornice di frammenti colorati di cemento con al centro una foto a colori di Vincenzo e degli altri attorno ad un furgone e un pianoforte in mezzo alla folla al tramonto di una giornata storica. Da dieci anni tengo il quadretto appeso ad una parete della mia camera sempre preoccupato che qualche frammento prima o poi si stacchi. Per il momento, con mia grande soddisfazione, non è successo.
*
Nel corso della conferenza di Jalta del 1945, al termine della Seconda guerra mondiale, venne decisa la divisione di Berlino in quattro settori controllati e amministrati da Unione Sovietica, Stati Uniti, Regno Unito e Francia. I tre settori occidentali (Berlino Ovest), nominalmente indipendenti, erano di fatto un’enclave completamente circondata dalla Germania Est. Negli anni della guerra fredda circa 2,5 milioni di tedeschi dell'est passarono ad ovest tra il 1949 e il 1961. Per fermare l'esodo la notte del 12 agosto 1961 iniziò la costruzione di un muro attorno ai tre settori occidentali. Consisteva di filo spinato, ma dopo pochi giorni iniziarono ad essere utilizzati prefabbricati di cemento e pietra. Negli anni successivi si arrivò all’utilizzo di pareti alte più di tre metri con parti in cemento armato e parti in acciaio per una lunghezza che progressivamente arrivò a 155 km con 300 torri di guardia dotate di cecchini armati che provocarono la morte di almeno 200 persone in 28 anni. I passaggi ufficialmente consentiti erano una decina e vennero battezzati con i nomi fonetici: ad esempio Alpha (Helmstedt), Bravo (sulla autostrada A9 appena usciti da Berlino), e Charlie (Friedrichstraße). Il 9 novembre 1989 è considerata la data ufficiale della caduta del Muro, festeggiata l'anno seguente, il 21 luglio 1990 con il mega concerto di Roger Waters (ex bassista dei Pink Floyd) con l'esecuzione di The Wall a Berlino. 

Il 18 marzo 1990 furono tenute le prime elezioni libere della storia della Repubblica Democratica Tedesca che produssero un governo a tempo con l’obiettivo di riunificare le due Germanie. La riunificazione avvenne ufficialmente il 3 ottobre 1990 (il "Giorno della riunificazione"). I cinque Laender già esistenti nel territorio della Repubblica democratica tedesca (Brandeburgo, Meclemburgo-Pomerania Occidentale, Sassonia, Sassonia-Anhalt e Turingia) che erano diventati provincie, si ricostituirono come Laender e aderirono formalmente alla Repubblica federale tedesca.

Sebbene molti non ne hanno conoscenza anche il Parlamento italiano, con la legge n. 61 del 15 aprile 2005, ha dichiarato il 9 novembre "Giorno della libertà”, in ricordo di un evento simbolo per la liberazione di tutti i paesi oppressi e come auspicio di democrazia per tutti i popoli soggetti al totalitarismo.
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