Sono
un privilegiato. Ricevo continuamente inviti a feste, incontri musicali,
concerti. Non solo qui in città ma per i più diversi appuntamenti musicali del
paese. Si tratta di musica seria. Da Debussy a Satie, da Vollenweider a Jon
Hassel. Inviti, locandine, biglietti gratuiti me li porta Lilli, sempre un po’
timida verso di me malgrado i suoi cinquant’anni compiuti. È stata operaia per
molti anni con me in fabbrica, poi è diventata moglie di Vincenzo, mio compagno
di lotte sindacali in gioventù, svagato ammiratore di gonnelle femminili fino a
quando ha pensato bene di sposarsi con Lilli e dare così una svolta singolare
alla sua vita e a quella della sua compagna. Una svolta singolare non solo
perché questo matrimonio fra una timida contadina diventata operaia ed un
sessantottino un po’ fuori di testa, nonché musicista autodidatta diventato con
gli anni creativo pianista fra i più conosciuti in Italia, alla fine ha
funzionato. Ma anche perché entrambi ne sono usciti trasformati positivamente:
evento raro di matrimonio virtuoso.
Intanto prolifico: la prima figlia, Lara, è nata quasi subito, nel 1969,
poi dopo quattro anni è arrivata Sara, un'altra femmina per la gioia di
Vincenzo che però quasi per accontentare Lilli che aspettava un maschietto ci
ha provato una terza volta tre anni dopo ma ha sbagliato il colpo. E così nel
pieno del famoso anno 1977 è nata Dora, splendida bimbetta dai riccioli d’oro
come la madre. La più tranquilla delle tre e inconsapevole, come la madre
d’altronde, di aver concluso con il suo nome il diabolico scherzo di Vincenzo
che componeva così la sigla LSD, lui che non fumava neanche una sigaretta al
mentolo con il filtro e odiava droghe, alcol e fumo, ma era completamente
matto, amava gli scherzi e sempre più diventava un bravissimo suonatore di
pianoforte.
Vincenzo
oggi sconfina dal classico alla new age fino al rock sinfonico senza fare una
piega. Personaggio strano ma creativo e
ricco di battute e vezzi da vero uomo di spettacolo, appena un po’ maturato
grazie alla presenza di ben tre figlie, Vincenzo con il tempo è diventato un
vero artista di successo, ha lasciato la fabbrica, è divenuto compositore e
particolarmente virtuoso al pianoforte e anche alle tastiere elettroniche che
usa però con moderato impegno. Dopo
alcuni anni di concerti al pianoforte anche al seguito di spettacoli teatrali e
qualche piccola colonna sonora da film, il vero salto di qualità è avvenuto
nella metà degli anni ’80. Azzardò la creazione di un piccolo gruppo di
teatranti e ballerini e quindi la nascita di una singolare compagnia promotrice
di spettacoli composti da una parte di balletto e una parte di recitazione, con
scenografie e proiezioni di sfondo accompagnate dalla colonna sonora di
Vincenzo.
Involontariamente
ho forse contribuito al suo successo dieci anni fa, quando nel febbraio del
1989 un po’ per scherzo, un po’ seriamente, chiesi a Vincenzo di lasciare in
pace per qualche giorno moglie e figlie e accompagnarmi nel mio viaggio vacanza
in occasione del mio quarantunesimo compleanno a Berlino dove si svolgeva
l’annuale festival del Cinema. Il festival è noto anche come la Berlinale, una
rassegna di film e documentari da tutto il mondo fra i quali una prestigiosa
giuria sceglieva i migliori ai quali si attribuiva in premio l’Orso d’oro e gli
Orsi d’Argento. Era per me un evento allettante al quale da anni desideravo
partecipare.
Sarà
che l’idea di liberarsi del marito per qualche giorno fosse gradita, sarà che
davvero desse credito alle battute del marito che esternavano l’idea di portare
la sua fama di musicista anche in territorio germanico, sta di fatto che Lilli
apprezzò da subito la mia proposta fino al punto di convincere Vincenzo ad
accompagnarmi. E fu così che, accompagnati all’aeroporto da Lilli e dalla
dodicenne Dora, già allieva virtuosa di violino da due anni, partimmo in aereo
un sabato di metà febbraio, il giorno del mio compleanno. A Berlino un comune
amico ci aveva garantito un albergo decente e procurati gli ingressi per gli
ultimi tre giorni al festival. Vincenzo era anche riuscito a prendere contatto
con qualcuno della Casa della Cultura di Berlino Ovest, la Kongressehalle,
molto nota non solo per le attività culturali che la riempivano di eventi ma
anche per la singolare forma architettonica dell’edificio originario con la
forma di un’ostrica semiaperta. Qualcuno diceva che era un’ostrica incinta ma i
più sarcastici dicevano che voleva invece rappresentare il sorriso dalla
dentatura prominente del Presidente americano Jimmy Carter.
L’edificio
era stato costruito nel 1957 nel quartiere di Tiengarten al confine della zona
Est, il settore sotto controllo sovietico.
Ed era stata un’iniziativa così fastidiosa per gli amministratori
dell’altro fronte che dopo pochi anni avevano costruito una loro Kongressehalle
accanto ad una Haus des Lehrers, cioè una “casa dell'insegnante”, un edificio a
forma di torre, posto sulla centralissima Alexanderplatz, ancora in parte a
pezzi per i bombardamenti subiti nella parte conclusiva della Seconda guerra
mondiale. Le nuove costruzioni, visibili anche dalla zona Ovest, erano proprio
all’angolo con la Karl-Marx-Allee la prima “strada socialista” di Berlino del
famoso architetto Hermann Henselmann. Fu lui il capo degli architetti anche per
queste nuove costruzioni che esprimevano anche sul piano architettonico la
competizione in corso della cosiddetta guerra fredda. Non era noto a tutti in
realtà che si trattava delle prime costruzioni dove si abbandonava il
classicismo socialista degli edifici a favore delle nuove forme internazionali
che utilizzavano superfici prefabbricate più leggere e funzionali per la
manutenzione. Insomma, molto simili alle vetrate dei grattacieli americani. I
miei racconti sulla Casa della Cultura, ma soprattutto la possibilità di
andarci e suonare in pubblico in un qualche appuntamento non ancora ben
definito, eccitavano tantissimo Vincenzo, molto più dei miei appuntamenti
cinematografici.
Gli
eventi principali del Festival Internazionale del Cinema si svolgevano nella
zona di Stegliz dove il festival era nato nel 1951 nel cinema del Titania-Palast,
ma con il passare degli anni le undici giornate della rassegna cinematografica
si erano diffuse in vari punti della città. Il direttore del festival che da 20
anni è ancora oggi, a fine 1999, Moritz de Hadeln, molto noto per la sua
precedente attività nel lancio internazionale del Festival del Cinema di
Locarno, dal 1980 aveva progressivamente trasformato il Festival in un grande
evento che coinvolgeva tutta la città, riempita di manifesti e stendardi che
raffiguravano un piccolo Orso d’oro come logo dell’evento. Dal prossimo anno
2000 il cuore del Festival si svolgerà nel grande teatro di Potsdamer Plaze ma
già dieci anni fa aveva ormai la fama di principale appuntamento mondiale del
Cinema. Il nuovo Direttore lo aveva in qualche modo trasformato in un evento al
disopra delle divisioni della guerra fredda unendo opere dell’Est e dell’Ovest
e importando anche, forse per la prima volta, numerose opere del nuovo cinema
cinese.
Il
Festival, affollato e ricco di decine di film, non era stato per me nulla di
entusiasmante. Il film vincitore, Rain Man, L’uomo della pioggia, con Tom
Cruise e Dustin Hofman, lo avevo in realtà già visto essendo uscito a metà
dell’anno precedente in Italia. Mi impressionò decisamente di più Mississipi
Burning che in italiano aveva in aggiunta il non entusiasmante titolo Le radici
dell’odio. È la storia di due agenti dell’FBI che negli anni ’60 vengono
inviati in una cittadina del Mississipi per risolvere il caso della scomparsa
di tre giovani attivisti per i diritti civili, due ebrei bianchi e un nero. Di
loro si erano perse le tracce in una delle zone più conservatrici e razziste
dell’America dove il Ku Klux Klan promuoveva azioni e provocazioni contro la
comunità nera praticamente nella totale impunità e con la complicità delle
autorità locali. Sceriffo e vicesceriffo del paese erano direttamente
compromessi nella scomparsa dei tre attivisti. I loro cadaveri alla fine
verranno trovati in una palude a seguito della confessione della moglie del
vicesceriffo (Frances McDormand) che rifiuta le logiche di odio e violenza del
marito e della comunità locale. È lei che svela tutto ad uno dei due agenti FBI
(Gene Hackman) e per questo verrà poi massacrata di botte dal marito. Il film ha avuto negli USA, prima e dopo il
premio ottenuto al Festival, una montagna di critiche da diversi fronti, sia
dai conservatori sia da parte di esponenti dei diritti civili. Ho rivisto in
più occasioni il film che invece mi ha sempre convinto per la semplicità del
messaggio che trasmette e per la efficace rappresentazione delle zone più
conservatrici della società americana. Da notare che si trattava della storia
vera di tre attivisti assassinati nel 1964 la cui azione principale si svolgeva
nel convincere i cittadini neri ad iscriversi alle liste elettorali con le
quali si otteneva la possibilità di votare alle elezioni. Anche Vincenzo
condivideva le mie riflessioni sul film e non mancò di farmi notare che il
regista, Alan Parker, lo conoscevamo già per numerosi film fra i quali mi parlò
a lungo del noto film musicale The Wall costruito con la presenza prevalente
delle musiche dei Pink Floyd.
La
nostra visita a Berlino fu piacevole ed interessante ma durò solo pochi giorni.
Le sue conseguenze però furono decisamente singolari e ne mantengo il ricordo
ancora oggi a dieci anni di distanza. Durante il nostro soggiorno Vincenzo
riuscì a prendere contatto con i responsabili della Casa della Cultura e ad
organizzare con loro due serate di spettacolo-concerto suo e del gruppo a lui
legato nei primi giorni del novembre 1989. Per quanto il gruppo avesse già
messo in scena qualche spettacolo all’estero, due serate alla Kongressehalle di
Berlino erano un clamoroso evento la cui preparazione coinvolse per alcuni mesi
tutto il gruppo in una sfrenata eccitazione collettiva nell’impegno a
sviluppare e perfezionare il loro spettacolo. Del gruppo faceva parte come
suonatrice di contrabasso, ma anche come coregista e scenografa Lara, la figlia
ventenne di Lilli e Vincenzo. In aggiunta altri tre: una suonatrice di violino,
un ballerino, una cantante e suonatrice di fiati. I cinque partirono per
Berlino la prima domenica di novembre dopo aver avuto qualche rassicurazione
sullo spettacolo perché da settimane Berlino ribolliva di manifestazioni e
proteste che riguardavano prevalentemente la zona Est sotto controllo
sovietico, ma non solo. Le proteste si svolgevano soprattutto a ridosso del
muro di cui si chiedeva il superamento con il ritorno all’apertura libera degli
accessi fra le due zone della città. In generale lo stato di agitazione era
presente in vari paesi dell’Est europeo sotto l’egemonia sovietica che si stava
rapidamente sgretolando.
Il
muro, lungo più di 150 km, era costituito da un sistema di fortificazioni
avviate nel 1961 dal governo della Germania Est, cioè la Repubblica democratica
tedesca, per impedire la libera circolazione delle persone tra Berlino Ovest,
parte della Repubblica Federale Tedesca, e la zona del paese a Est. Era nei
fatti il simbolo della cortina di ferro, la linea di confine europea tra la
zona d'influenza statunitense e quella sovietica durante la guerra fredda. Nei
primi dieci anni dalla fine della guerra almeno due milioni di persone,
soprattutto di livello professionale qualificato avevano abbandonato la
Germania dell’Est, specie dall’area di Berlino, rifugiandosi all’Ovest. Per
ventotto anni il muro aveva diviso in due la città. In realtà in gran parte si
trattava di due muri paralleli in cemento armato, presidiati con varie torri di
osservazione dalle guardie di confine che non esitavano a sparare contro
chiunque, sia uomini che donne o bambini, tentasse di attraversare verso Ovest
la” striscia della morte” fra i due muri.
Si stima che almeno duecento siano stati i caduti nei tentativi più
diversi di attraversarla. Nei primi giorni di novembre le manifestazioni che
chiedevano l’apertura dei passaggi di confine fra le due zone diventarono
sempre più intense e l’amministrazione comunista della città era sul punto di
crollare. Proprio all’inizio di quella settimana il gruppo di Vincenzo e Lara arrivò
all’albergo vicino alla Kongressehalle ed a ridosso anche del Checkpoint
Charlie, il più importante posto di blocco situato tra il settore sovietico e
quello statunitense sulla Friedrichstraße che collegava il quartiere sovietico
di Mitte con quello occidentale di Kreuzberg. La zona era in subbuglio da
giorni tant’è che lo spettacolo sembrava dovesse essere spostato al sabato 11 e
domenica 12 novembre. Il giovedì 9 novembre 1989, dopo diverse settimane di
disordini per le strade, il Governo della Germania Est annunciò verso le 18 che
i transiti liberi verso Berlino Ovest dopo 28 anni sarebbero stati permessi. In
pratica significava che i posti di blocco sarebbero stati aperti sebbene non
fosse chiaro nel comunicato stampa da quando si attuava la novità. Subito dopo
questo annuncio migliaia di cittadini dell'Est e dell’Ovest ed anche Vincenzo,
Lara e compagni naturalmente, si diressero in massa verso i posti di blocco.
Molti si arrampicarono direttamente sul muro e lo superarono, per raggiungere
gli abitanti della Germania dall'altra parte partecipando tutti insieme alla
grande festa che proseguì per tutta la notte. I bar del lato Ovest si misero a
offrire birra gratis a tutti. Alcuni iniziarono a demolire piccoli pezzi del
muro sotto gli occhi allibiti delle guardie di frontiera. La suonatrice di
violino del gruppo di Vincenzo durante la festa notturna informò gli altri che
girava voce che il famoso violoncellista russo-americano Mstislav Rostropovich,
esiliato in Occidente da decenni dopo essere stato allontanato dall’Unione
Sovietica, sarebbe sceso in strada e davanti ai manifestanti presso il muro
avrebbe suonato alcuni brani fra i quali si dice una nota Gavotta in Mi
Maggiore di Bach. La notizia arrivava da
alcuni frequentatori della Casa della Cultura provenienti dal quartiere di
Kreutzberg. Il quartiere era molto frequentato da musicisti americani bianchi e
di colore che facevano parte delle truppe alleate che avevano conquistato la
capitale ponendo fine alla guerra e lì si erano fermati popolando quell’area
della città diventata con gli anni il più popolato ritrovo multiculturale di
giovani e artisti alternativi. La festa di strada continuò ininterrottamente
anche il giorno dopo e la demolizione del muro in piccoli e poi sempre più
grandi frammenti, coinvolse centinaia di persone.
Fu così che il gruppo di
Vincenzo prese una storica decisione con l’aiuto anche di alcuni dei
frequentatori della Casa della Cultura. Se i berlinesi sono troppo impegnati a
riprendersi la libertà di muoversi per venire allo spettacolo, portiamo noi lo
spettacolo da loro. Era questa l’idea maturata anche con il suggerimento di un
amico della suonatrice di violino, un musicista nero di Kreuzberg che faceva
parte di un reparto americano del Genio all’epoca della conquista della città.
Non si sa come procurò un furgone sul quale venne caricato un pianoforte e
trovò un collegamento per l’elettricità da un bar vicino. Tutto era
assolutamente precario e di fatto illegale ma entusiasmò tutto il gruppo che
improvvisò così, al tramonto del secondo giorno, un riuscitissimo spettacolo in
mezzo a centinaia di persone che ballavano, attraversavano su e giù a piedi e
in bicicletta il posto di blocco Charlie, martellavano e scalpellavano pezzi di
muro portandoseli a casa. Allo spettacolo si unì anche il berlinese nero che si
dimostrò un ottimo sassofonista oltre che un grande esperto di cavi elettrici e
microfoni.
Lara
mi raccontò tutto ciò per giorni al suo
ritorno. Aggiunse che non aveva mai visto il padre così eccitato nel suonare il
pianoforte sul cassone di un furgone improvvisando cose sconosciute e
deliziose, probabilmente prese da Bach e modificate sul momento in accordo con
il sassofono del nuovo amico, nella disperazione della suonatrice di violino ad
unirsi ai due scatenati che improvvisavano mentre la cantante leggeva ad alta
voce brani di un quotidiano in lingua tedesca dove si parlava del crollo del
muro. Lo spettacolo alla Kongressehalle
venne annullato, cosa che non dispiacque per nulla ai nostri artisti che in
realtà vagarono per la città strapiena di folla per parecchi giorni. Tutto
venne ripreso meticolosamente dalla cantante che era anche addetta alle riprese
con una piccola ma efficiente telecamera.
“Stiamo
abbattendo il muro e te ne porteremo un pezzo” mi urlò al telefono una Lara più
scatenata del solito e sul momento non capii esattamente che cosa intendesse.
È
noto che nelle settimane successive molte parti del muro per chilometri furono
demolite e portate via dalla folla e da cercatori di souvenir, altre furono
abbattute con idonei equipaggiamenti industriali. Alcune parti vennero salvate
e diventarono superfici enormi di lavoro per artisti di graffiti e pittori non
solo berlinesi. Anche io ebbi la possibilità di avere il mio piccolo pezzetto
di muro. Al ritorno dal viaggio me lo portò Lara componendo una specie di
cornice di frammenti colorati di cemento con al centro una foto a colori di
Vincenzo e degli altri attorno ad un furgone e un pianoforte in mezzo alla
folla al tramonto di una giornata storica. Da dieci anni tengo il quadretto
appeso ad una parete della mia camera sempre preoccupato che qualche frammento
prima o poi si stacchi. Per il momento, con mia grande soddisfazione, non è
successo.
*
Nel
corso della conferenza di Jalta del 1945, al termine della Seconda guerra
mondiale, venne decisa la divisione di Berlino in quattro settori controllati e
amministrati da Unione Sovietica, Stati Uniti, Regno Unito e Francia. I tre
settori occidentali (Berlino Ovest), nominalmente indipendenti, erano di fatto
un’enclave completamente circondata dalla Germania Est. Negli anni della guerra
fredda circa 2,5 milioni di tedeschi dell'est passarono ad ovest tra il 1949 e
il 1961. Per fermare l'esodo la notte del 12 agosto 1961 iniziò la costruzione
di un muro attorno ai tre settori occidentali. Consisteva di filo spinato, ma
dopo pochi giorni iniziarono ad essere utilizzati prefabbricati di cemento e
pietra. Negli anni successivi si arrivò all’utilizzo di pareti alte più di tre
metri con parti in cemento armato e parti in acciaio per una lunghezza che
progressivamente arrivò a 155 km con 300 torri di guardia dotate di cecchini
armati che provocarono la morte di almeno 200 persone in 28 anni. I passaggi
ufficialmente consentiti erano una decina e vennero battezzati con i nomi fonetici:
ad esempio Alpha (Helmstedt), Bravo (sulla autostrada A9 appena usciti da
Berlino), e Charlie (Friedrichstraße). Il 9 novembre 1989 è considerata la data
ufficiale della caduta del Muro, festeggiata l'anno seguente, il 21 luglio 1990
con il mega concerto di Roger Waters (ex bassista dei Pink Floyd) con
l'esecuzione di The Wall a Berlino.
Il
18 marzo 1990 furono tenute le prime elezioni libere della storia della
Repubblica Democratica Tedesca che produssero un governo a tempo con
l’obiettivo di riunificare le due Germanie. La riunificazione avvenne
ufficialmente il 3 ottobre 1990 (il "Giorno della riunificazione"). I
cinque Laender già esistenti nel territorio della Repubblica democratica
tedesca (Brandeburgo, Meclemburgo-Pomerania Occidentale, Sassonia, Sassonia-Anhalt
e Turingia) che erano diventati provincie, si ricostituirono come Laender e
aderirono formalmente alla Repubblica federale tedesca.
Sebbene
molti non ne hanno conoscenza anche il Parlamento italiano, con la legge n. 61
del 15 aprile 2005, ha dichiarato il 9 novembre "Giorno della libertà”, in
ricordo di un evento simbolo per la liberazione di tutti i paesi oppressi e
come auspicio di democrazia per tutti i popoli soggetti al totalitarismo.
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