Gli
incontri di lavoro al Centro di Ricerche iniziano il primo pomeriggio con la
presenza di tutti i ricercatori dei laboratori impegnati nelle diverse fasi del
nostro progetto. A parte noi esterni,
che con i tre membri della direzione aziendale siamo in sette, sono coinvolti
almeno un’altra decina di persone, quasi tutti giovani ma con una attenta
supervisione del capo del loro gruppo che ci aveva illustrato il funzionamento
della struttura e che sembra avere il ruolo prevalente di coordinamento e di
controllo. Il suo obiettivo evidente appare quello di mostrare il più possibile
l’efficienza del Centro ed esaltare i risultati fino a quel momento ottenuti.
Il
lavoro si svolge in un clima rilassato, attorno ad un grande tavolo ovale e ad
uno schermo dove si possono proiettare tabelle e diagrammi. A metà pomeriggio
del primo giorno, poi nei
giorni successivi anche a metà mattina, si fa una breve pausa nella quale dopo i
primi tentativi di bere il caffè della casa, non proprio eccellente, passiamo
quasi tutti al tè o alla onnipresente pepsi cola. Gli incontri si chiudono alle
18 e grazie al capolinea della metro a due passi torniamo nel nostro albergo
proprio nel centro della città in meno di un’ora. Il tempo di cambiarci ed anche
il
secondo giorno ci diamo appuntamento in quattro per andare in giro per la
città. Josè e Maria sono instancabili camminatori ed essendo anche i più
giovani dei quattro ci fanno girare come trottole per i diversi quartieri citati
sulle guide a cominciare dalla antica via Arbat.
La metropolitana è il principale riferimento
per andare praticamente in qualunque posto. Le sue 11 linee hanno una
estensione di 300 km e si dice che ogni giorno vengano utilizzate da 7-8
milioni di persone. Dall’inizio degli anni ‘30 la progettazione e lo sviluppo
delle diverse linee non si è mai fermato, neppure durante la Seconda guerra
mondiale. Le varie stazioni, in gran parte in sotterranea, sono considerate per
la loro ricercata architettura uno dei fiori all’occhiello di cui si vantava ai
suoi tempi il governo sovietico. Molte vennero costruite nella lunga stagione
della guerra fredda anche con la finalità di fungere in emergenza da rifugi
antiatomici. Una linea fra le prime venne costruita passando in superfice su un
ponte della Moscova ma successivamente altre due linee passarono sotto il
fiume. La linea 5 - Kol'cevaja, che significa “anello” è perfettamente
circolare e con la sua circonferenza di 20 km di lunghezza attorno al centro
della città interseca quasi tutte le altre linee rendendo estremamente facile
muoversi da un punto all’altro dell’intera area metropolitana. La sua stazione principale - Komsomol'skaja,
una delle prime che visitiamo, è davvero impressionante. Il soggetto
architettonico in stile barocco dell’intera stazione rappresenta le battaglie
storiche della Russia per l’indipendenza e contro gli invasori, raffigurate da
otto grandi mosaici lungo la parte centrale del soffitto. Il più evidente di
questi raffigura Lenin che tiene un discorso sulla Piazza Rossa. L’intero
enorme soffitto in un'unica volta è sostenuto da almeno una sessantina di
altissime colonne. Ci fermiamo per un
po’ ad osservare con il naso all’insù, ma non sarà l’unica sorpresa. Ancora più
inaspettato è l’aspetto della stazione principale della linea 2 - Majakovskaja.
Probabilmente è qui che per la prima
volta al mondo gli ingegneri furono in grado di costruire uno spazio
sotterraneo così grande ma a singola volta, sostenuta da due serie di colonnati
su ogni lato. Le colonne sono ricoperte da acciaio inossidabile e marmo rosa e grigio
con motivi floreali in marmo bianco, un esempio illustre della architettura
stalinista prebellica. Sulla volta ci sono 34 mosaici raffiguranti un cielo
illuminato di stelle. Lo chiamano il "Cielo sovietico" perché rappresentava
il luminoso futuro sovietico. La
stazione era così importante che al suo interno Stalin convocò per un discorso
tutti i massimi dirigenti del partito nell’ ottobre del 1941 nel giorno
dell’anniversario della rivoluzione.
Dell’importante
ruolo della rete metropolitana ci aveva già parlato Andrej e qualcosa avevo
già letto ma sorprendentemente è Teresa,
che si muove costantemente con foglietti e libretti in mano, che ci racconta con discrezione i particolari
più interessanti compreso quello, sorprendente, che esisterebbe una seconda rete
di metro, alcune linee al di sotto della rete pubblica, non conosciute e
riservate soltanto ad alcuni alti esponenti del governo e del partito per
muoversi velocemente e in sicurezza nella città. Teresa si rivela un personaggio particolare
che con il passare del tempo mi incuriosisce piacevolmente. Silenziosa e
discreta, ma attenta e presente, si mostra sempre precisa e documentata sia
nelle riunioni di lavoro, sia nelle nostre perlustrazioni della città. I due
giovani spagnoli mi hanno accennato che quando era molto giovane è stata
sposata e ha una figlia ma il matrimonio sembra finito da tempo ed è forse per
questo che si è trasferita in Francia. Da quando siamo a Mosca si è aggregata
da subito a noi e per la verità la sua presenza è gradevole e utile perché ha
una grande abilità nel muoversi per la città nelle nostre perlustrazioni
serali.
Il
terzo giorno finalmente trovo l’occasione per vedere la Moscova. Finita la
riunione del pomeriggio ci ritroviamo nella Hall i soliti quattro e riprendiamo il giro per la città. Io
provo a riproporre la passeggiata lungo il fiume ma Josè e Maria sono ormai determinati nell’obiettivo di
visitare tutti i locali e le birrerie indicati sulle cartine turistiche. Sono
quasi rassegnato ad andare da solo ma Teresa si offre di accompagnarmi. Salutiamo
i due spagnoli e ci avventuriamo al di là della Piazza Rossa in direzione del
fiume. Appena soli inaspettatamente Teresa tira fuori un foglietto dalla borsa
e mi dice che se ci affrettiamo riusciamo a prendere l’ultimo traghetto che fa
il giro serale sul fiume costeggiando tutto il centro città, dove la Moscova fa
la più centrale delle sue tre anse all’interno della capitale. Sono allibito
per la sua efficienza ma all’improvviso mi rendo conto che riesce a mettermi
sempre a mio agio con pochi gesti e poche parole. L’imbarco è proprio nella
direzione che abbiamo preso e saliamo al volo su un piccolo traghetto pieno di
lucine colorate che sta partendo con una ventina di passeggieri già seduti
lungo le fiancate mentre cominciano a calare le luci della sera. Il traghetto scivola silenzioso lungo il fiume.
Di fronte a noi lo spettacolo delle luci della città, dei suoi rumori, dei
palazzi e delle guglie delle chiese illuminate, ci lasciano a bocca aperta. Gli
altri passeggeri parlano a bassa voce, come Teresa che inizia a illustrarmi,
ogni tanto sfogliando una piccola guida, il paesaggio che sfila davanti a noi a
poche decine di metri. Il Cremlino, che vuol dire fortezza, è un enorme
muraglia che delimita con una forma triangolare una vasta area che racchiude vari
palazzi e monumenti. È proprio una enorme fortezza che venne iniziata quasi
mille anni fa e che oggi è lunga più di due chilometri. All’interno, a parte il
Palazzo dei Congressi, ci sono le venti Torri murarie, la Cattedrale e varie
chiese minori. In un edificio c’è una cripta dove sono sepolti la gran parte
dei principi e degli zar della vecchia Russia. La fortezza ha resistito agli
attacchi di Napoleone che prima di abbandonare l’assedio di Mosca minò tutte le
sue mura e gli edifici interni ma in gran parte le cariche non esplosero ed il
resto venne rapidamente restaurato. Le Colline Vorobievy, che costeggiano il
fiume e sovrastano il centro città, vengono utilizzate per le feste annuali con
grandi fuochi di artificio che in questo fine di millennio si prevedono più
spettacolari del solito. Segue il Gorki Park, forse il Parco più noto della
città, citato in romanzi, film e brani musicali ma noto soprattutto per i suoi
lunghi viali che in inverno, invasi dall’acqua, diventano lastre di ghiaccio sulle
quali migliaia di moscoviti si riversano per pattinare. L’Università di Mosca,
la prima e più grande università della Russia, a due passi dal fiume, ospita
oggi le facoltà di giornalismo e psicologia oltre all'istituto di studi
asiatici e africani. Segue lo Stadio Lužniki, costruito nel 1956 con il nome di
Stadio Lenin. Poteva contenere centomila spettatori, ma i posti a sedere
vennero un po’ ridotti quando nel 1980 fu scelto come sede dei Giochi della
XXII Olimpiade che si tennero nella capitale sovietica. Con l’occasione se ne
iniziò la copertura. Teresa descrive passo dopo passo quello che vediamo con
brevi commenti ma ad un certo punto si ferma di botto con un sorriso di
rimprovero.
“Tu
non mi segui, ti stai distraendo!”
In
effetti mentre indicava con un dito il favoloso stadio Lenin, che non si può certamente
trascurare, io mi ero fermato ad osservarla per la prima volta da vicino e
davanti alle mezze luci multicolori del traghetto che illuminano da dietro il
suo altrettanto luminoso profilo. È paffutella e decisamente pallida, ma in
realtà minuta e con i lineamenti molto delicati e giovanili del viso, i capelli
raccolti in una semplice crocchia,
una camicetta bianca con il colletto che mi ricorda i grembiulini di scuola, un
soffice maglioncino beige abbottonato e due piccoli orecchini di ambra. Impegnatissima
nel suo ruolo di cicerone mi appare improvvisamente bellissima, quasi una
creatura misteriosa che stride con il ruolo professionale che le avevo sempre
attribuito negli incontri pubblici e ufficiali.
“Assolutamente
no! Lo stadio Lenin è veramente un’opera maestosa...! “ rispondo prontamente e
mi concentro sul suo dito, cioè sul percorso, giusto in tempo
per apprendere tutto del Convento di Novodevichy. Qui molte donne delle
famiglie imperiali russe avevano rifugio dopo che venivano spesso obbligate a
prendere i voti. Negli ultimi anni del 1600 ad esempio capitò alla sorella e
alla prima moglie di Pietro il Grande. Negli anni ‘20 i bolscevichi chiusero il
convento di Novodevichy e lo trasformarono in Museo per l'Emancipazione della
Donna. Nell'epoca sovietica l’annesso cimitero divenne fra i più importanti
della Russia ricevendo le spoglie di illustri personaggi come Nikita Kruschev,
Sergei Prokofiev, Dmitri Šostakovič e tanti altri. Solo nel 1994 le monache vi
fecero ritorno e dall'anno successivo sono ripresi i servizi sacri.
Finito
il giro del traghetto torniamo verso l’Hotel mentre lungo le rive comincia a
fare buio fitto. Devo riconoscere che le annotazioni di Teresa e la vista dal fiume
mi hanno offerto una dimensione più concreta e interessante della storia di
questa città di cui in realtà sapevo ben poco. Attraversiamo la Piazza Rossa
che si sta svuotando di passanti anche se tutti i palazzi e le mura restano
illuminati. Prendo per mano Teresa che tira dritta senza guardarmi ma non si
ritrae. Cammina spedita sempre nella direzione giusta guardandosi intorno
mentre io con discrezione guardo i suoi capelli, adesso sciolti sul collo e
lievemente scarmigliati dalla leggera brezza che arriva dal fiume. Arriviamo in
Hotel che è mezzanotte ed il guardiano al portone ci guarda con qualche
perplessità ma la sicurezza con cui procediamo decisi all’interno del palazzo lo
convince che siamo clienti. Con un po’ di timidezza e un po’ di trasgressione
non prendiamo ascensori ma cerchiamo di trovare la strada per il quarto piano
dove abbiamo le camere. L’arpista è cambiata e i tratti del suo viso
denotano un’evidente provenienza asiatica. Nella sala film riconosco dalle immagini che scorrono che si tratta di 2001 Odissea
nello spazio. Ho visto più volte il film di Kubrick, non solo all’epoca
della sua uscita nel 1968 ma anche recentemente.
Con fare da esperto racconto a Teresa che il finale del film, con alcune
scene in cui il protagonista si trova in una stanza con un singolare
arredamento neoclassico, restano di significato incerto. Per alcuni commentatori
forse si tratta di alieni che hanno rapito il terrestre per studiarlo e poi lo
hanno rimandato sulla terra ma sbagliando l’epoca di riferimento. Questo finale
mi ha sempre lasciato perplesso e in fin dei conti l’ho trovato deludente
mentre i primi minuti iniziali e la musica di sottofondo li ho sempre
considerati uno dei capolavori indimenticabili del cinema degli ultimi decenni.
Ne parlo con grande enfasi con Teresa che credo stia valutando la mia sanità
mentale ma non dice di no quando la invito nella mia camera promettendo una squisita
bibita per la notte. Così estraggo da un minuscolo frigobar in camera un
normalissimo succo di frutta di marca sconosciuta e illeggibile che la fa
sorridere, accendo la radio a basso volume e spalanco il grande tendone che
copre la vetrata che occupa tutta la parete. Praticamente al buio, seduti sulla
spessa moquette azzurra del pavimento in mezzo a grandi cuscini presi dal letto
e dal divano, con il naso contro la
grande vetrata e il sottofondo di musica da camera osserviamo dall’alto tutta
l’area della piazza Rossa che si svuota totalmente di passanti e le cupole del
Cremlino che restano illuminate dai potenti fari della fortezza. Racconto a
Teresa quanto ho saputo della storia di questo albergo e della metro di Mosca. È
sorpresa dai miei racconti che nessuna delle sue miracolose guide locali
descrive.
Continuiamo a parlare
a bassa voce per una o due ore fino a quando mi addormento fra i cuscini. Mi
sveglio a metà della notte. Teresa è silenziosamente andata via senza
svegliarmi e così rimango a dormire sulla moquette dopo aver spento la radio.
Non ho neanche provato a sfiorarla con un dito e credo che mi faranno santo
prima o poi anche se sento ancora l’odore del suo profumo che mi affascina
quasi quanto la sua voce ed il suo modo di fare che ti mette subito a tuo agio.
È davvero una donna affascinante e simpatica. Chissà cosa penserà di me.
*
La metropolitana di Mosca
si estende per tutta la capitale russa con 320 km di binari, 11 linee e 190
stazioni ed è fra le 5 più grandi del mondo. La prima linea venne aperta nel
1935 e da allora l’estensione della rete continua a tutt’oggi. I binari
utilizzano lo stesso scartamento delle ferrovie della Russia, 1524 millimetri. Gli
stessi binari con lo stesso scartamento e le stesse carrozze si trovano anche
nelle altre città della Russia e in vari paesi dell’Europa Orientale da
Budapest a Sofia, da Varsavia a Praga. La maggior parte dei binari e delle
stazioni è nel sottosuolo, ma alcune linee attraversano sui ponti i fiumi
Moscova e Jauza. Sulle linee radiali gli annunci delle stazioni sono fatti da
una voce maschile se i treni sono diretti verso il centro cittadino, da una
voce femminile se vanno verso le periferie. Sulla linea circolare, la linea 5-
Kol'cevaja, gli annunci con voce maschile sono fatti sui treni che percorrono
la linea in senso orario, con voce femminile quando viaggiano in senso
antiorario. Molte delle Stazioni sono note per la preziosa realizzazione di
opere architettoniche e affreschi che rappresentano esempi rilevanti dell'arte
dell’epoca del realismo socialista.
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