Discoteca 4 - Sigur Ros, la musica nuova dall’Islanda


La minuscola Islanda, isola-stato di 300.000 abitanti fra la Groenlandia e la Gran Bretagna, cosparsa di ghiacciai e vulcani attivi, terra di vichinghi mille anni fa, è stata negli ultimi  20 anni uno dei più ricchi laboratori di band musicali, quasi sconosciute in Italia. A parte Bjork ( All is full of love), abbastanza nota anche da noi, sono emersi i Mum (Green grass of tunnel, Marmalade fires), Emiliana Torrini (tutti conoscono la sua Gollum’s song tema del Signore degli Anelli - Le due torri, ma è meno noto che la canta una italo-islandese), le Amina (un quartetto di giovanissime musiciste che usano il computer e decine di strumenti inventati per la loro musica sperimentale minimalista).

Ma il vero fenomeno musicale, ormai uno dei più significativi degli ultimi decenni è quello dei Sigur Ros, una band definita Post-Rock, un fenomeno artistico non solo musicale, nuovo e originale, in cui la musica, piena di atmosfere rarefatte che si associano bene agli scenari naturali dell’isola, sommata alle immagini ed alla storia che viene mostrata nei video produce profonde emozioni. Il paesaggio dell’isola con le sue aurore boreali, i ghiacciai, i fiumi di montagna, i vulcani e l’oceano Atlantico trovano espressione sonora nella musica che privilegia strumenti singolari: la chitarra suonata con la bacchetta di un violino, uno xilofono costruito con pietre laviche raccolte sull’isola, e la stessa voce di Jonsi, il chitarrista che canta anche con un proprio linguaggio musicale di suoni “naturali” inventati quasi fosse uno strumento in più.

I Sigur Ross si sono rifiutati a lungo di cantare in inglese per quanto ormai famosi negli USA in Giappone ed in gran parte dell’Europa. Tornati dai loro grandi successi in giro per il mondo la band ha organizzato nel 2007, nelle principali località dell’isola una serie di concerti rimasti nella memoria di molti, vere e proprie feste popolari, quasi sempre all’aperto, in riva al mare, sulle pendici dei vulcani o ai bordi dei ghiacciai, in trattorie, fabbriche dismesse, fattorie agricole abbandonate. Eventi che hanno visto una straordinaria partecipazione degli isolani (bambini, adulti, anziani in massa) anche in condizioni climatiche impervie. Da questa esperienza è nato Heima, un film emozionante di circa un’ora (esiste con i sottotitoli in italiano), che alterna pezzi dei concerti ad interviste e soprattutto a squarci dell’incredibile paesaggio islandese. Film che ha ricevuto il premio come migliore lungometraggio musicale al mondo nel primo decennio del nuovo secolo.

Sono tre i gioielli indimenticabili dei Sigur Ross: Glosoli, Hoppipolla, Svef-g-englar. Il video del primo mostra un gruppo di bambini che attraversa le terre vulcaniche dell’isola guidato da un tamburino alla ricerca dell’isola della felicità che raggiungono librandosi nell’aria. Nel secondo due bande di anziani vestiti da pirati giocano, si scontrano, suonano i campanelli delle case e scappano, fanno dispetti a ragazzi giovani e distratti, nel mentre si addentrano in un cimitero; nel terzo ragazzi e fanciulle affetti dalla sindrome di down danzano e si baciano affettuosamente vestiti con angeliche tuniche bianche. Il senso della musica, dei suoni e delle immagini crea grande commozione ed emana rispetto verso l’ambiente, l’adolescenza, la vecchiaia, la malattia.
Nei loro tour musicali la band non solo ha aggregato il singolare quartetto delle Amina, ma anche Stendor Andersen barbuto e gigantesco poeta islandese che canta, nella vecchia lingua dell’isola, riti e storie runiche tratte dall’epopea vichinga, accompagnate dal delicato sottofondo musicale dei Sigur Ross (Odin’s Raven Magic).

Molti dei brani dei Sigur Rós sono stati inseriti in colonne sonore di film, serie tv e anche videogiochi. Tra questi, “Vanilla Sky” di Cameron Crowe, “127 ore” di Danny Boyle, “Il gusto dell’amore” di Giulio Berruti, “Le avventure acquatiche di Steve Zissou” di Wes Anderson, “Dragon Trainer”. I Sigur Rós hanno scritto per intero la colonna sonora di “La mia vita è uno zoo” di Cameron Crowe. Brani del gruppo islandese sono presenti nelle serie tv “The Walking Dead”, “The Vampires Diaries” e “Game of Thrones” e nei trailer dei videogiochi “The Prince of Persia”, “Assassin's Creed IV: Black Flag”, “Dead Space”.
Ad oggi, i Sigur Rós hanno pubblicato 8 album in studio, l’ultimo, “Route One”, è del 2017. L’attività di Jonsi con il progetto Liminal ( 2018-2019)  ha portato la musicalità del gruppo in una delicatissima atmosfera ambient.




Tre mesi all’ora X - capitolo 4


Teresa

Gli incontri di lavoro al Centro di Ricerche iniziano il primo pomeriggio con la presenza di tutti i ricercatori dei laboratori impegnati nelle diverse fasi del nostro progetto.  A parte noi esterni, che con i tre membri della direzione aziendale siamo in sette, sono coinvolti almeno un’altra decina di persone, quasi tutti giovani ma con una attenta supervisione del capo del loro gruppo che ci aveva illustrato il funzionamento della struttura e che sembra avere il ruolo prevalente di coordinamento e di controllo. Il suo obiettivo evidente appare quello di mostrare il più possibile l’efficienza del Centro ed esaltare i risultati fino a quel momento ottenuti.  

Il lavoro si svolge in un clima rilassato, attorno ad un grande tavolo ovale e ad uno schermo dove si possono proiettare tabelle e diagrammi. A metà pomeriggio del primo giorno, poi nei giorni successivi anche a metà mattina, si fa una breve pausa nella quale dopo i primi tentativi di bere il caffè della casa, non proprio eccellente, passiamo quasi tutti al tè o alla onnipresente pepsi cola. Gli incontri si chiudono alle 18 e grazie al capolinea della metro a due passi torniamo nel nostro albergo proprio nel centro della città in meno di un’ora. Il tempo di cambiarci ed anche il secondo giorno ci diamo appuntamento in quattro per andare in giro per la città. Josè e Maria sono instancabili camminatori ed essendo anche i più giovani dei quattro ci fanno girare come trottole per i diversi quartieri citati sulle guide a cominciare dalla antica via Arbat.  

La metropolitana è il principale riferimento per andare praticamente in qualunque posto. Le sue 11 linee hanno una estensione di 300 km e si dice che ogni giorno vengano utilizzate da 7-8 milioni di persone. Dall’inizio degli anni ‘30 la progettazione e lo sviluppo delle diverse linee non si è mai fermato, neppure durante la Seconda guerra mondiale. Le varie stazioni, in gran parte in sotterranea, sono considerate per la loro ricercata architettura uno dei fiori all’occhiello di cui si vantava ai suoi tempi il governo sovietico. Molte vennero costruite nella lunga stagione della guerra fredda anche con la finalità di fungere in emergenza da rifugi antiatomici. Una linea fra le prime venne costruita passando in superfice su un ponte della Moscova ma successivamente altre due linee passarono sotto il fiume. La linea 5 - Kol'cevaja, che significa “anello” è perfettamente circolare e con la sua circonferenza di 20 km di lunghezza attorno al centro della città interseca quasi tutte le altre linee rendendo estremamente facile muoversi da un punto all’altro dell’intera area metropolitana.  La sua stazione principale - Komsomol'skaja, una delle prime che visitiamo, è davvero impressionante. Il soggetto architettonico in stile barocco dell’intera stazione rappresenta le battaglie storiche della Russia per l’indipendenza e contro gli invasori, raffigurate da otto grandi mosaici lungo la parte centrale del soffitto. Il più evidente di questi raffigura Lenin che tiene un discorso sulla Piazza Rossa. L’intero enorme soffitto in un'unica volta è sostenuto da almeno una sessantina di altissime colonne.  Ci fermiamo per un po’ ad osservare con il naso all’insù, ma non sarà l’unica sorpresa. Ancora più inaspettato è l’aspetto della stazione principale della linea 2 - Majakovskaja.  Probabilmente è qui che per la prima volta al mondo gli ingegneri furono in grado di costruire uno spazio sotterraneo così grande ma a singola volta, sostenuta da due serie di colonnati su ogni lato. Le colonne sono ricoperte da acciaio inossidabile e marmo rosa e grigio con motivi floreali in marmo bianco, un esempio illustre della architettura stalinista prebellica. Sulla volta ci sono 34 mosaici raffiguranti un cielo illuminato di stelle. Lo chiamano il "Cielo sovietico" perché rappresentava il luminoso futuro sovietico.  La stazione era così importante che al suo interno Stalin convocò per un discorso tutti i massimi dirigenti del partito nell’ ottobre del 1941 nel giorno dell’anniversario della rivoluzione. 

Dell’importante ruolo della rete metropolitana ci aveva già parlato Andrej e qualcosa avevo già  letto ma sorprendentemente è Teresa, che si muove costantemente con foglietti e libretti in mano,  che ci racconta con discrezione i particolari più interessanti compreso quello, sorprendente, che esisterebbe una seconda rete di metro, alcune linee al di sotto della rete pubblica, non conosciute e riservate soltanto ad alcuni alti esponenti del governo e del partito per muoversi velocemente e in sicurezza nella città.  Teresa si rivela un personaggio particolare che con il passare del tempo mi incuriosisce piacevolmente. Silenziosa e discreta, ma attenta e presente, si mostra sempre precisa e documentata sia nelle riunioni di lavoro, sia nelle nostre perlustrazioni della città. I due giovani spagnoli mi hanno accennato che quando era molto giovane è stata sposata e ha una figlia ma il matrimonio sembra finito da tempo ed è forse per questo che si è trasferita in Francia. Da quando siamo a Mosca si è aggregata da subito a noi e per la verità la sua presenza è gradevole e utile perché ha una grande abilità nel muoversi per la città nelle nostre perlustrazioni serali.

Il terzo giorno finalmente trovo l’occasione per vedere la Moscova. Finita la riunione del pomeriggio ci ritroviamo nella Hall i soliti quattro e riprendiamo il giro per la città. Io provo a riproporre la passeggiata lungo il fiume ma Josè e Maria sono ormai determinati nell’obiettivo di visitare tutti i locali e le birrerie indicati sulle cartine turistiche. Sono quasi rassegnato ad andare da solo ma Teresa si offre di accompagnarmi. Salutiamo i due spagnoli e ci avventuriamo al di là della Piazza Rossa in direzione del fiume. Appena soli inaspettatamente Teresa tira fuori un foglietto dalla borsa e mi dice che se ci affrettiamo riusciamo a prendere l’ultimo traghetto che fa il giro serale sul fiume costeggiando tutto il centro città, dove la Moscova fa la più centrale delle sue tre anse all’interno della capitale. Sono allibito per la sua efficienza ma all’improvviso mi rendo conto che riesce a mettermi sempre a mio agio con pochi gesti e poche parole. L’imbarco è proprio nella direzione che abbiamo preso e saliamo al volo su un piccolo traghetto pieno di lucine colorate che sta partendo con una ventina di passeggieri già seduti lungo le fiancate mentre cominciano a calare le luci della sera.  Il traghetto scivola silenzioso lungo il fiume. Di fronte a noi lo spettacolo delle luci della città, dei suoi rumori, dei palazzi e delle guglie delle chiese illuminate, ci lasciano a bocca aperta. Gli altri passeggeri parlano a bassa voce, come Teresa che inizia a illustrarmi, ogni tanto sfogliando una piccola guida, il paesaggio che sfila davanti a noi a poche decine di metri. Il Cremlino, che vuol dire fortezza, è un enorme muraglia che delimita con una forma triangolare una vasta area che racchiude vari palazzi e monumenti. È proprio una enorme fortezza che venne iniziata quasi mille anni fa e che oggi è lunga più di due chilometri. All’interno, a parte il Palazzo dei Congressi, ci sono le venti Torri murarie, la Cattedrale e varie chiese minori. In un edificio c’è una cripta dove sono sepolti la gran parte dei principi e degli zar della vecchia Russia. La fortezza ha resistito agli attacchi di Napoleone che prima di abbandonare l’assedio di Mosca minò tutte le sue mura e gli edifici interni ma in gran parte le cariche non esplosero ed il resto venne rapidamente restaurato. Le Colline Vorobievy, che costeggiano il fiume e sovrastano il centro città, vengono utilizzate per le feste annuali con grandi fuochi di artificio che in questo fine di millennio si prevedono più spettacolari del solito. Segue il Gorki Park, forse il Parco più noto della città, citato in romanzi, film e brani musicali ma noto soprattutto per i suoi lunghi viali che in inverno, invasi dall’acqua, diventano lastre di ghiaccio sulle quali migliaia di moscoviti si riversano per pattinare. L’Università di Mosca, la prima e più grande università della Russia, a due passi dal fiume, ospita oggi le facoltà di giornalismo e psicologia oltre all'istituto di studi asiatici e africani. Segue lo Stadio Lužniki, costruito nel 1956 con il nome di Stadio Lenin. Poteva contenere centomila spettatori, ma i posti a sedere vennero un po’ ridotti quando nel 1980 fu scelto come sede dei Giochi della XXII Olimpiade che si tennero nella capitale sovietica. Con l’occasione se ne iniziò la copertura. Teresa descrive passo dopo passo quello che vediamo con brevi commenti ma ad un certo punto si ferma di botto con un sorriso di rimprovero.

“Tu non mi segui, ti stai distraendo!”

In effetti mentre indicava con un dito il favoloso stadio Lenin, che non si può certamente trascurare, io mi ero fermato ad osservarla per la prima volta da vicino e davanti alle mezze luci multicolori del traghetto che illuminano da dietro il suo altrettanto luminoso profilo. È paffutella e decisamente pallida, ma in realtà minuta e con i lineamenti molto delicati e giovanili del viso, i capelli raccolti in una semplice crocchia, una camicetta bianca con il colletto che mi ricorda i grembiulini di scuola, un soffice maglioncino beige abbottonato e due piccoli orecchini di ambra. Impegnatissima nel suo ruolo di cicerone mi appare improvvisamente bellissima, quasi una creatura misteriosa che stride con il ruolo professionale che le avevo sempre attribuito negli incontri pubblici e ufficiali.

“Assolutamente no! Lo stadio Lenin è veramente un’opera maestosa...! “ rispondo prontamente e mi concentro sul suo dito, cioè sul percorso, giusto in tempo per apprendere tutto del Convento di Novodevichy. Qui molte donne delle famiglie imperiali russe avevano rifugio dopo che venivano spesso obbligate a prendere i voti. Negli ultimi anni del 1600 ad esempio capitò alla sorella e alla prima moglie di Pietro il Grande. Negli anni ‘20 i bolscevichi chiusero il convento di Novodevichy e lo trasformarono in Museo per l'Emancipazione della Donna. Nell'epoca sovietica l’annesso cimitero divenne fra i più importanti della Russia ricevendo le spoglie di illustri personaggi come Nikita Kruschev, Sergei Prokofiev, Dmitri Šostakovič e tanti altri. Solo nel 1994 le monache vi fecero ritorno e dall'anno successivo sono ripresi i servizi sacri.  

Finito il giro del traghetto torniamo verso l’Hotel mentre lungo le rive comincia a fare buio fitto. Devo riconoscere che le annotazioni di Teresa e la vista dal fiume mi hanno offerto una dimensione più concreta e interessante della storia di questa città di cui in realtà sapevo ben poco. Attraversiamo la Piazza Rossa che si sta svuotando di passanti anche se tutti i palazzi e le mura restano illuminati. Prendo per mano Teresa che tira dritta senza guardarmi ma non si ritrae. Cammina spedita sempre nella direzione giusta guardandosi intorno mentre io con discrezione guardo i suoi capelli, adesso sciolti sul collo e lievemente scarmigliati dalla leggera brezza che arriva dal fiume. Arriviamo in Hotel che è mezzanotte ed il guardiano al portone ci guarda con qualche perplessità ma la sicurezza con cui procediamo decisi all’interno del palazzo lo convince che siamo clienti. Con un po’ di timidezza e un po’ di trasgressione non prendiamo ascensori ma cerchiamo di trovare la strada per il quarto piano dove abbiamo le camere. L’arpista è cambiata e i tratti del suo viso denotano un’evidente provenienza asiatica.  Nella sala film riconosco dalle immagini che scorrono che si tratta di 2001 Odissea nello spazio. Ho visto più volte il film di Kubrick, non solo all’epoca della sua uscita nel 1968 ma anche recentemente. Con fare da esperto racconto a Teresa che il finale del film, con alcune scene in cui il protagonista si trova in una stanza con un singolare arredamento neoclassico, restano di significato incerto. Per alcuni commentatori forse si tratta di alieni che hanno rapito il terrestre per studiarlo e poi lo hanno rimandato sulla terra ma sbagliando l’epoca di riferimento. Questo finale mi ha sempre lasciato perplesso e in fin dei conti l’ho trovato deludente mentre i primi minuti iniziali e la musica di sottofondo li ho sempre considerati uno dei capolavori indimenticabili del cinema degli ultimi decenni. Ne parlo con grande enfasi con Teresa che credo stia valutando la mia sanità mentale ma non dice di no quando la invito nella mia camera promettendo una squisita bibita per la notte. Così estraggo da un minuscolo frigobar in camera un normalissimo succo di frutta di marca sconosciuta e illeggibile che la fa sorridere, accendo la radio a basso volume e spalanco il grande tendone che copre la vetrata che occupa tutta la parete. Praticamente al buio, seduti sulla spessa moquette azzurra del pavimento in mezzo a grandi cuscini presi dal letto e dal divano, con il naso contro la grande vetrata e il sottofondo di musica da camera osserviamo dall’alto tutta l’area della piazza Rossa che si svuota totalmente di passanti e le cupole del Cremlino che restano illuminate dai potenti fari della fortezza. Racconto a Teresa quanto ho saputo della storia di questo albergo e della metro di Mosca. È sorpresa dai miei racconti che nessuna delle sue miracolose guide locali descrive. 
Continuiamo a parlare a bassa voce per una o due ore fino a quando mi addormento fra i cuscini. Mi sveglio a metà della notte. Teresa è silenziosamente andata via senza svegliarmi e così rimango a dormire sulla moquette dopo aver spento la radio. Non ho neanche provato a sfiorarla con un dito e credo che mi faranno santo prima o poi anche se sento ancora l’odore del suo profumo che mi affascina quasi quanto la sua voce ed il suo modo di fare che ti mette subito a tuo agio. È davvero una donna affascinante e simpatica. Chissà cosa penserà di me.
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La metropolitana di Mosca si estende per tutta la capitale russa con 320 km di binari, 11 linee e 190 stazioni ed è fra le 5 più grandi del mondo. La prima linea venne aperta nel 1935 e da allora l’estensione della rete continua a tutt’oggi. I binari utilizzano lo stesso scartamento delle ferrovie della Russia, 1524 millimetri. Gli stessi binari con lo stesso scartamento e le stesse carrozze si trovano anche nelle altre città della Russia e in vari paesi dell’Europa Orientale da Budapest a Sofia, da Varsavia a Praga. La maggior parte dei binari e delle stazioni è nel sottosuolo, ma alcune linee attraversano sui ponti i fiumi Moscova e Jauza. Sulle linee radiali gli annunci delle stazioni sono fatti da una voce maschile se i treni sono diretti verso il centro cittadino, da una voce femminile se vanno verso le periferie. Sulla linea circolare, la linea 5- Kol'cevaja, gli annunci con voce maschile sono fatti sui treni che percorrono la linea in senso orario, con voce femminile quando viaggiano in senso antiorario. Molte delle Stazioni sono note per la preziosa realizzazione di opere architettoniche e affreschi che rappresentano esempi rilevanti dell'arte dell’epoca del realismo socialista.