I bambini che oggi hanno 5 anni vivranno probabilmente fino a 100. Come sarà la loro vita?

 Per i bambini dei Paesi più ricchi gli 80 anni di oggi saranno i nuovi 60. Ecco come sarà la loro vita fra i progressi tecnologici e un nuovo modo di concepire la scuola, il lavoro e la pensione. 

di Tristan McConnell *  

nella foto alcuni volontari dispiegano la gigantografia di una bambina ucraina di 5 anni di nome Valeriia, realizzata nel 2022 dall’artista JR in Ucraina, a 70 km dal confine con la Polonia. Valeriia è originaria di Kryvyi Rih, la città natale del presidente ucraino Volodymyr Zelensky. ( foto:JR, REDUX )

Peggy Hawkins ha cinque anni, e da grande vuole fare il pinguino. Nonostante la sua giovane età sa bene che è improbabile, ed essendo pragmatica ha delle alternative, tra cui fare la ballerina. Il suo approccio giocoso al futuro riflette l’entusiasmo e l’immaginazione sfrenata di questa allegra bambina britannica e, anche se non diventerà un pinguino, rimane praticamente certo un fatto altrettanto sconcertante: Peggy Hawkins vivrà fino a 100 anni.

Secondo i demografi, i bambini che oggi hanno cinque anni hanno la maggiore probabilità di sempre di vivere fino a diventare centenari e, verosimilmente, entro il 2050 sarà la norma per i neonati dei Paesi più ricchi (come gli Stati Uniti, l’Europa e alcune parti dell’Asia). Questa longevità significa che Peggy e altri della sua generazione vivranno una vita non solo più lunga, ma fondamentalmente diversa da quella dei loro genitori e nonni.

“Ciò che ci preoccupa del vivere a lungo è l’invecchiamento”, afferma Andrew Scott, professore di economia alla London School of Business e coautore di The 100-Year Life. Tuttavia, ritiene che i timori di uno “tsunami d’argento” - in cui i giovani lavoratori faticano per mantenere i loro genitori decrepiti e ormai non più autosufficienti - siano del tutto infondati. “Le persone vivono più a lungo, ma in media rimangono anche sane più a lungo. È incredibile che questo dato venga trasformato in una cattiva notizia”.

Un secolo di progressi nella medicina ha già allungato l’aspettativa di vita, mentre il miglioramento dell’istruzione, la crescente prosperità e una maggiore possibilità di scelta per le donne stanno riducendo i tassi di fertilità. La popolazione mondiale ha raggiunto gli otto miliardi a novembre del 2022, ma il tasso di crescita sta rallentando e si prevede un picco a metà del secolo, seguito poi da una diminuzione. Nel frattempo, la percentuale di ultrasessantacinquenni è già di uno su dieci, e negli Stati Uniti è destinata a raggiungere uno su quattro entro il 2050. In Italia, invece, raggiunge il 23% della popolazione totale, come riporta l'Istat. Inoltre, in quasi 20 anni, la quota di ultraottantenni è raddoppiata.  Quello che si prospetta è un mondo meno popolato e abitato da persone anziane.

Nel corso dell'ultimo secolo l’aspettativa di vita negli Stati Uniti è aumentata di 30 anni ma, nella maggior parte dei casi, questi ultimi non fanno altro che prolungare il periodo di pensionamento, fragilità e malattia.

“Stiamo solo allungando la vecchiaia”, afferma Laura Carstensen, docente di psicologia e direttrice del Centro sulla longevità di Stanford. Secondo lei, la strada da perseguire è diversa: “Abbiamo l’incredibile opportunità di ridisegnare le nostre vite”, dice, distribuendo gli anni in più nel corso della vita. Provate a considerarlo più come un prolungamento della mezza età che non della vecchiaia.

A 100 anni anche il golf è noioso

I 100 anni di vita di Peggy sembrano essere partiti con il piede giusto. La famiglia Hawkins è composta da lei, sua madre Hattie (insegnante di scuola elementare), suo padre Pete (artista) e sua sorella maggiore Molly (di sette anni). Vivono in un cottage nel villaggio di Marlesford, nel Suffolk. Peggy sta crescendo in una delle economie più avanzate del mondo, con istruzione e assistenza sanitaria gratuite. Ha genitori attenti e amorevoli che trovano il tempo per stare con lei e sua sorella incoraggiandole nel gioco all’aperto, nell’esplorazione e nel divertimento. “La mente di Peggy è sempre in fermento”, dice Hattie.

Con l’avanzare dell’età, la vita della bambina sarà accompagnata da progressi tecnologici quotidiani, come stampati in 3D per raddrizzare i suoi denti da adolescente, dispositivi diagnostici indossabili e biosensori per monitorare la sua salute e prevenire le malattie oppure, in età avanzata, esoscheletri bionici per alleviare i dolori muscolari. Tuttavia, affinché Peggy e la sua generazione possano godere delle opportunità offerte dalla longevità - evitando i problemi dovuti alla cattiva salute e all’esaurimento del denaro - la società dovrà necessariamente modificare il modo in cui ogni fase della vita viene vissuta. Ma non siamo nemmeno vicini a questa trasformazione.

Nella foto Conrad Heyer, di Waldoboro, nel Maine - qui ritratto in un dagherrotipo del 1852 circa - è considerato il primo nato americano ad essere stato fotografato. Quando nacque nel XVIII secolo, per gli uomini la probabilità di raggiungere i 100 anni era meno di mezzo punto percentuale. Si stima che quando questa immagine fu realizzata avesse più di 100 anni. ( Foto di collezioni della società storica del Maine )

Oggi la vita è generalmente concepita come un processo lineare in tre fasi: 20 anni dedicati all’istruzione, 45 anni al lavoro e poi la pensione. È un modello che valuta gli studenti per il loro potenziale come lavoratori, i lavoratori per la loro attività e i pensionati… Per niente. Ma se è ragionevole prevedere che si vivrà decenni in più, andare in pensione a 65 anni, per esempio, non ha più senso: da un punto di vista economico, sociale e personale. Inoltre, è noioso. Anche per il più grande appassionato di golf.

“Vai in pensione e il tuo ruolo diventa quello di scomparire. Ma non può essere così per 40 anni”, afferma Carstensen.

La vita a tre fasi è fatta per un mondo che non esiste più e sarà sostituita da “una vita a più fasi... Molto più flessibile”, aggiunge Scott. La fluidità che caratterizzerà la vita di Peggy si sta già concretizzando. L’adolescenza è un’invenzione della metà del XX secolo: prima di allora si era semplicemente bambini e poi lavoratori. Oggi, invece, sempre più giovani adulti ritardano l’uscita dalla casa, il momento di avere dei figli e l’assunzione dei molti impegni che la vita adulta porta con sé.

Lavorare per 60 anni è divertente?

Una vita progettata per la longevità parte da un prolungamento della carriera scolastica - che inizia più tardi e dura più a lungo - con anni aggiuntivi da dedicare al gioco e anni di pausa per gli studenti delle scuole superiori, in cui lavorare o fare volontariato. Lo stesso vale per l’istruzione universitaria. “Lasciamo che i ragazzi si prendano una pausa”, afferma Carstensen. “Avere anni in più significa che il ritmo della vita può effettivamente rallentare”. La formazione continuerà per tutta la vita. Alcune università offrono già un “curriculum di 60 anni” per mantenere i lavoratori aggiornati in un mercato in rapida evoluzione.

Anche il lavoro verrà reinventato. “La grande ombra che incombe sul prolungamento della vita è che non si può evitare di lavorare più a lungo”, afferma Scott. Per pagare questi anni in più, anche la vita lavorativa dovrà essere più lunga, ma più flessibile. Potrebbe prevedere lo stesso numero di ore, ma distribuite su 50 o 60 anni invece che su 30 o 40 con interruzioni di carriera, periodi in part-time e vari cambiamenti nelle diverse fasi della vita.

“Questo significa settimane lavorative di tre giorni, periodi sabbatici, permessi per crescere i figli, assistere i nipoti o i genitori anziani e poi tornare al lavoro”, afferma Sarah Harper, professoressa di gerontologia dell’Università di Oxford e direttrice dell’Oxford Institute for Population Ageing. Secondo uno studio britannico, la pandemia di Covid-19 ha dimostrato che ad oggi è possibile una flessibilità mai vista prima: la settimana lavorativa di quattro giorni sì è rivelata un successo sia per le aziende che per i dipendenti (basta pensare ai casi positivi di alcune realtà italiane che stanno già sperimentando questo modello), mentre la crescita della cosiddetta gig economy dei freelance offre un’alternativa all’obsoleto “lavoro per tutta la vita”.

Anche il pensionamento si evolverà. Il cancelliere tedesco del XIX secolo Otto von Bismark fu il primo a introdurre le pensioni in un’epoca in cui l’aspettativa di vita in Europa era di soli 40 anni. “L’equivalente di quell’età pensionabile sarebbe oggi di 103 anni”, afferma Harper. I nostri 70 anni hanno sostituito i 60 come “decennio del declino”, e quel tipo di declino si sta spostando sempre più in avanti via via che la vita media si allunga. “Per la maggior parte degli attuali cinquantenni, avere 82 anni sarà come averne 60 oggi”.

Le ultime fasi della vita lavorativa di Peggy potrebbero includere un part-time, il tutoraggio o il volontariato: tutte opportunità per essere produttivi e trascorrere del tempo con persone di generazioni diverse, contribuendo così ad abbattere le barriere sociali e quegli atteggiamenti che favoriscono l’invecchiamento. Una vita lavorativa flessibile significa anche che “i singoli individui avranno molta più responsabilità”, afferma Scott. “I bambini di oggi dovranno gestire la propria carriera molto di più rispetto alle generazioni precedenti”.

Dovranno anche occuparsi della propria salute per ridurre l’impatto delle malattie non trasmissibili che, con l'avanzare dell'età, diventano più pericolose (come l’Alzheimer, il cancro, le malattie cardiovascolari, l’artrite e il diabete). Potranno emergere nuovi trattamenti per le malattie dell’invecchiamento, ma prendere decisioni sul proprio stile di vita sarà la migliore difesa per garantirsi un maggiore allineamento tra la durata della vita in generale e la durata della vita sana: mangiare bene, fare esercizio fisico regolare, non fumare, non bere troppo.

Con la salute, poi, arrivano le opportunità. Nel suo libro del 1970 “La terza età”, la filosofa francese Simone de Beauvoir scrive che la maggior parte delle persone si avvicina alla vecchiaia “con dolore e ribellione”, considerandola peggiore della morte; la de Beauvoir, invece, trova risposta nello scopo: “Se vogliamo che la vecchiaia non sia un’assurda parodia della nostra vita precedente, c’è solo una soluzione: continuare a perseguire scopi che diano un senso alla nostra esistenza”, scrive.

Vivere per 100 anni non significa sforzarsi di rimanere giovani più a lungo, ma cercare di essere sufficientemente sani e connessi per continuare ad avere uno scopo nella vita (che sia sul posto di lavoro, in famiglia o nella comunità).

“Il modo migliore per essere un anziano che invecchia bene è essere una persona di mezza età che invecchia bene”, afferma John Rowe, citando se stesso. A quasi 80 anni, Rowe è professore di politica sanitaria alla Columbia University dopo una precedente carriera come ricercatore biomedico, professore ad Harvard nonché amministratore accademico e dirigente di un’assicurazione sanitaria. “Lavoro a tempo pieno, cerco di dare il mio contributo e sicuramente mi diverto”, afferma.

I primi cinque anni di vita - fino ad ora l’intera esistenza di Peggy - costituiscono le fondamenta della salute e del benessere futuri. La chiave per la longevità è rallentare, mantenersi in salute e trascorrere del tempo con le persone che per noi sono importanti. “I momenti più belli che passiamo insieme e in cui le bambine si animano sono quando andiamo a fare una passeggiata”, conclude la madre di Peggy, Hattie. “È lì che nascono tutte le belle chiacchierate: quando hanno tempo e spazio, improvvisamente iniziano a raccontare e a parlarci di tutto ciò che trovano interessante”.

* 15 dicembre 2023 - Questo articolo è stato pubblicato originariamente in lingua inglese su nationalgeographic.com.

 

Il rame del Reno

 di Francesca Sibani *

I bronzi del Benin, al centro del dibattito sulla restituzione delle opere d’arte africane trafugate ai tempi della colonizzazione, sono i più famosi esemplari di arte antica dell’Africa occidentale. Ma c’è un interrogativo che ha sempre lasciato perplessi gli studiosi. Da dove veniva tutto il metallo con cui erano stato realizzati?  Da uno studio scientifico condotto dal ricercatore tedesco Tobias Skowronek, pubblicato su Plos, è emerso che il rame (necessario a creare il bronzo, che è una lega di rame e stagno) era stato estratto a migliaia di chilometri di distanza, in Germania, nella valle del fiume Reno.

Quale nesso c’era dunque tra il rame tedesco e i bronzi nigeriani? Il nuovo enigma si risolve guardando alla tratta degli schiavi e all’uso di una particolare moneta, la manilla (un anello o braccialetto di varie dimensioni, ma dalla caratteristica forma a maniglia), che veniva usata dagli schiavisti di Regno Unito, Portogallo, Spagna, Paesi Bassi, Francia e Danimarca. Skowronek spiega che nel cinquecento le manilla erano prodotte in enormi quantità ed erano usate essenzialmente nel commercio con l’Africa occidentale. Un video realizzato dal magazine Wreckwatch racconta la loro storia.

Nei secoli successivi, con quelle monete fuse, il popolo edo del regno del Benin, nell’attuale Nigeria, creò le straordinarie sculture che oggi conosciamo.

nella foto: I bronzi del Benin in esposizione al British museum di Londra, 25 gennaio 2023. (Toby Melville, Reuters/Contrasto)

* da  newsletter Africana su Internazionale del 13 aprile