Il rame del Reno

 di Francesca Sibani *

I bronzi del Benin, al centro del dibattito sulla restituzione delle opere d’arte africane trafugate ai tempi della colonizzazione, sono i più famosi esemplari di arte antica dell’Africa occidentale. Ma c’è un interrogativo che ha sempre lasciato perplessi gli studiosi. Da dove veniva tutto il metallo con cui erano stato realizzati?  Da uno studio scientifico condotto dal ricercatore tedesco Tobias Skowronek, pubblicato su Plos, è emerso che il rame (necessario a creare il bronzo, che è una lega di rame e stagno) era stato estratto a migliaia di chilometri di distanza, in Germania, nella valle del fiume Reno.

Quale nesso c’era dunque tra il rame tedesco e i bronzi nigeriani? Il nuovo enigma si risolve guardando alla tratta degli schiavi e all’uso di una particolare moneta, la manilla (un anello o braccialetto di varie dimensioni, ma dalla caratteristica forma a maniglia), che veniva usata dagli schiavisti di Regno Unito, Portogallo, Spagna, Paesi Bassi, Francia e Danimarca. Skowronek spiega che nel cinquecento le manilla erano prodotte in enormi quantità ed erano usate essenzialmente nel commercio con l’Africa occidentale. Un video realizzato dal magazine Wreckwatch racconta la loro storia.

Nei secoli successivi, con quelle monete fuse, il popolo edo del regno del Benin, nell’attuale Nigeria, creò le straordinarie sculture che oggi conosciamo.

nella foto: I bronzi del Benin in esposizione al British museum di Londra, 25 gennaio 2023. (Toby Melville, Reuters/Contrasto)

* da  newsletter Africana su Internazionale del 13 aprile